giovedì 16 agosto 2007

Solidarietà fotografica

Il Presidente
Scattare foto in Repubblica Democratica del Congo è ancora un gesto da fare con circospezione. Continua ad essere in vigore una vecchia legge che impedisce di fare foto in luoghi pubblici, anche se in teoria questa norma non è più compatibile con la nuova costituzione; per i poliziotti quindi una macchina fotografica sguainata rappresenta una violazione della legge, e un ottimo appiglio per intimidire qualche malcapitato e farsi dare un po' di soldi. Se riescono a sequestrare la macchina poi la tariffa aumenta: conoscono bene il valore di una digitale, e per farsela ridare ci vogliono anche trenta o quaranta dollari, ovviamente rimettendoci la scheda di memoria con le foto sequestrate.
La tecnica migliore, se proprio uno vuole fare qualche foto in una zona controllata, è individuare il capo dei poliziotti e pagare prima di cominciare a scattare. Oppure fare foto dall'auto in corsa, quando davanti c'è strada libera. Oppure, ancora meglio, tenere la macchina spenta in tasca e lasciar stare le foto.
Questo è quello che si apprende da “turista” a Kinshasa.
La situazione di chi da queste parti fa il giornalista o il reporter è invece un po' più complicata. Oggi mentre passavamo in macchina sul Boulevard du 30 Juin a Gombe abbiamo incontrato una manifestazione di fotografi e giornalisti, che bloccavano civilmente buona parte del viale nel senso di marcia opposto al nostro. Saranno stati qualche centinaio al massimo, marciavano tutti con la macchina fotografica appesa al collo, e degli striscioni che chiedevano l'impegno del governo perché cessi l'uso delle armi contro i fotografi, e si puniscano gli omicidi.
Io avevo la mia macchina in tasca e avrei tanto voluto scattargli una foto di solidarietà, poi ho dato un'occhiata al numero di poliziotti in giro, e al traffico bloccato che avevamo davanti, e ho pensato che bastava il pensiero.
Padre Santino questa sera ci diceva “eh si, ultimamente ne hanno ammazzati due”. Non lo sapevo, ma in effetti è vero: nel Kivu, la regione orientale del Congo dove ci sono ancora aree non pacificate, i giornalisti sono tuttora vittime di esecuzioni pianificate, che il governo a quanto pare non riesce né a evitare né a punire e reprimere.
http://www.rsf.org/article.php3?id_article=23252

Oggi al ritorno siamo ripassati sul viale, in senso opposto, dopo una mezz'ora da quando avevamo incrociato la manifestazione. Ci aspettavamo di trovare coda, e invece il traffico era scorrevole: un nutrito cordone di poliziotti aveva bloccato la manifestazione e spinto tutti i fotografi sul marciapiede, il corteo era già finito.

Nessun commento: