lunedì 13 aprile 2009

16-3-09 – La radio

Radio Mapita

La crisi politica malgascia è cominciata da una radio. Quella di Andry, si chiamava Viva Radio. È da lì che “TGV” ha prima lanciato la sua corsa a sindaco, e poi recentemente la sua campagna contro Ravalomanana, a colpi di slogan più o meno “sinistrorsi” sulla lotta alla povertà. Slogan simili a quelli che sette anni prima lo stesso Ravalomanana, allora anche lui sindaco della capitale, lanciava contro Didier Ratsiraka, il vecchio presidente oggi in esilio in Francia.
Andry sta seguendo un percorso simile, quasi ormai fosse una specie di cursus honorum codificato: il potere economico (nel suo caso fatto di media e pubblicità), l'elezione a sindaco della capitale, l'appoggio dei francesi, e poi le proteste di piazza contro il presidente in carica, con l'obiettivo di rimpiazzarlo, spaccando l'esercito e mescolando mezzi istituzionali ad altri decisamente meno ortodossi. A dicembre il governo, che si è distinto per liberismo ma non certo per liberalismo né per rispetto dei diritti umani, ha fatto chiudere Viva Radio, dopo che avevano trasmesso un'intervista a Didier Ratsiraka molto critica contro il potere in carica. Ma ormai il processo dei moti di piazza era avviato.

Il potere della radio qui ha qualcosa di sinistro, più che sinistrorso, per come viene utilizzato per aizzare la folla in manifestazioni che sono fatte più di rabbia e sentimenti di massa che di ragione e coscienze.
Niente di particolarmente nuovo: la storia africana, così come la nostra, ha vissuto esempi ben più drammatici di questo perverso meccanismo mediatico. Quello più tragico fu Radio Mille Collines, che nel novantaquattro rwandese fu l'ingranaggio fondamentale della agghiacciante macchina di propaganda che portò un popolo intero a perdere umanità e coscienze individuali, e a diventare carnefice.
Qui, in un contesto completamente diverso, c'è comunque un inquietante elemento di fascismo nell'uso della radio per irregimentare le masse: gli slogan sono contro la povertà e contro l'ostentata ricchezza del presidente, ma al di là di quelli non sono riuscito a capire, leggendo e parlando con le persone, quale sia il programma e l'identità politica effettiva di Andry. Nessuno lo sa, probabilmente perché un'identità politica non c'è. A parole, sia lui che Ravalomanana dovrebbero essere liberali all'americana. Andry si distingue professando giovanilismo, dinamismo e culto della velocità, tanto da identificare un intero partito, con un gioco di parole, nel TGV, il treno veloce francese. (Per un italiano tutto ciò è goffamente retrò, nel centenario della fondazione del futurismo. Queste cose le abbiamo inventate noi tanto tempo fa!) I suoi militanti ostentano sicurezza, minacciano violenza, usano metodi spicci e fanno paura a chi non è allineato, atteggiamenti più vicini allo squadrismo che al liberalismo. Della loro identità politica profonda, alla fin fine, tutto quello che sono riuscito a capire e che vogliono prendere il potere, più o meno con qualunque mezzo a disposizione. È la radio è stata il mezzo iniziale.

Io in Madagascar ci sto per studiare la fattibilità di un progetto che si propone di mettere su una nuova radio. Tutte queste idee mi frullano in testa: la “fattibilità”, in questo contesto, non è tanto una questione tecnica, ma è prima di tutto una questione di fiducia. Il mio compito principale è conoscere e capire le persone con cui lavoriamo, e fare in modo che loro attraverso me conoscano tutta un'associazione, e i suoi princìpi.
Le esperienze fatte in questi giorni sono state importanti. La “nostra” radio sarà in mano ad una rete di associazioni di base malgasce, che si propone di fare formazione e informazione per i contadini, quelli che spesso non sanno ancora nemmeno che non c'è più Ratsiraka, e che sono esclusi dalla partecipazione democratica. Sulla porta della stanza dove ci riuniamo, a casa di Delphin, c'è attaccata la dichiarazione universale dei diritti umani, che fa da guida a tutti e a tutte. I soci più attivi dell'associazione sono in buona parte ragazze, quelle che i diritti negati li vivono spesso sulla propria pelle. Nelle riunioni-fiume si discute su come promuovere partecipazione, coscienza e responsabilità individuale. Ma più ancora dei contenuti è la forma degli incontri, espressione spesso inconsapevole di un mondo autenticamente e fieramente contadino, a darmi fiducia.

Visti i presupposti, se riusciremo davvero a mettere su una nuova radio non è detto che poi il governo non ce la chiuda dopo qualche settimana, chiunque sarà il presidente. Ma proprio per questo vale la pena provarci.

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