venerdì 3 aprile 2009

15-3-09 – La crescita

Koinonìa

Quante cose servono per vivere felici o per lo meno sereni?
Partendo per il sud del mondo bisogna essere disposti ad essere ogni volta spiazzati nello scoprire un nuovo pezzetto della propria identità di “europeo”. Insomma ci si mette in gioco, e su quella china si può facilmente finire a mettersi in discussione. Come quando si incontrano persone come Enrico o Gabriele che, partendo da percorsi non così distanti dai miei, hanno fatto scelte ben più radicali, e vivono in Madagascar, alla malgascia, in case popolari, col bagno fuori e senza acqua corrente, bevendo la stessa acqua e mangiando lo stesso cibo degli altri, sostentandosi con lavori saltuari e spostandosi coi mezzi pubblici.
Basta guardarli negli occhi per capire che nel loro percorso, personale e unico, hanno trovato qualcosa, forse equilibrio e serenità, la stessa che ho visto anche in diversi malgasci.
Vivere la cooperazione con questo spirito di condivisione totale, superando o vivendo con maggiore tranquillità le barriere fatte di pastiglie, zanzariere, docce calde e jeep lucide può avere degli effetti sorprendenti. Non è tanto la scelta un po' “francescana” di rinuncia definitiva alla vita occidentale che colpisce la mia attenzione: quella non può essere un modello generale, visto che è giusto che gli occidentali continuino a vivere in occidente, e seguano un loro percorso di crescita. Ma sperimentare quella stessa condivisione, per dei periodi più o meno lunghi, prima di tornarsene a casa, è qualcosa che invece possono fare tutti. E scoprire qual è la propria soglia inferiore può essere sorprendente e per certi versi terapeutico. Ci si può accorgere che si campa benissimo anche senza computer né internet in casa, senza blackberry, senza acqua calda, senza andare a mangiar fuori, senza automobile, in abitazioni spartane, con un paio di scarpe e poche magliette, con le pulci che ti pungono, e una collezione di ragni e scarabei che ti tengono compagnia in stanza o al bagno. E con questa dotazione minima ritrovarsi ad andare a dormire la sera senza stress, stendersi sopra un materasso di gomma piuma di quelli che dopo 5 minuti hanno già un incavo che ha la forma del tuo corpo, e metabolizzare una giornata serena, magari passata ridendo, scherzando e chiacchierando, o una serata allegra scandita da brindisi di rhum casereccio.

Provare per un po' a “vivere al minimo” è un esperimento che tutti dovrebbero fare, se non altro per rendersi conto che spendiamo buona parte della nostra vita e delle nostre limitate capacità di preoccuparsi e concentrarsi per dei bisogni che vanno quasi sempre dal “rinunciabile” all'”inutile”, quando non sono addirittura dannosi, e che quelle energie potrebbero essere riequilibrate e dedicate a cose più significative, senza necessariamente cambiare vita o imporsi rinunce anche quando non servono.

Discutendone con gli altri mi trovo a riflettere sul fatto che lo stesso esperimento, provato in Italia, è molto più difficile, perché diventa un ostacolo alle relazioni. In Italia senza dieci euro in tasca per prendersi una birra o un aperitivo è difficile anche incontrarsi gli amici. Per la prima volta mi rendo conto di quanto sia assurdo tutto ciò. Qual è stato il momento, nella nostra storia, in cui in nome del “progresso” abbiamo perso perfino la capacità di incontrare altre persone senza imporre una barriera di disponibilità economica?
Continuiamo a discutere di nuovi modelli di sviluppo, più sostenibili, di “decrescita” (termine che ha un'aura un po' sfigata che non mi è mai piaciuta), di rimpiazzare il PIL con altri criteri, per ridefinire il significato stesso di progresso, e proprio in questo periodo storico ci stiamo accorgendo di quanto tutto ciò sia necessario. Ma lo facciamo quasi sempre all'occidentale, in un'ottica tutta economica e politica. Presi dalle nostre distrazioni e dalle nostre passioni, ci siamo scordati di cercare l'uomo. Le nostre culture contadine, il vero collante della nostra civiltà, le abbiamo perse, rimpiazzate da culture di cartapesta.

Quand'è che nel nostro percorso abbiamo svoltato per la strada sbagliata? Possibile che non ci sia un modo di tenersi l'istruzione, la sanità, la scienza, la laicità e ripensare tutto il resto in un'ottica più umana? Possibile che, mentre penso questo, nel mio paese si rimettano in discussione proprio l'istruzione, la sanità, la scienza e la laicità, mentre tutto il resto rimane sugli stessi binari ed anzi va peggiorando? Ma perché mi ritrovo sempre in controfase?

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